Lo Chardonnay che abbiamo degustato – come, d’altra parte, anche altri dei vini bianchi prodotti da Planeta – proviene dalla Tenuta dell’Ulmo, ubicata nei pressi di Sambuca di Sicilia e del Lago Arancio. È una delle due tenute storiche dell’azienda (l’altra è quella di Menfi), situata in una posizione molto suggestiva. Si trova ad un’altitudine compresa tra i 100 e i 250 m s.l.m. proprio accanto al Baglio del ‘500, sempre di proprietà della famiglia. Il terreno è di medio impasto, profondo con uno scheletro abbondante costituito da ciottoli, debolmente calcareo, a tratti argilloso con abbondante frazione limosa.

La vite è allevata con forme a spalliera (Guyot, Cordone speronato), con densità d’impianto abbastanza importanti (4000/4500 ceppi/ha). Le rese sono basse (75q/ha), con poco più di un chilo e mezzo di uva raccolta per pianta. La vendemmia 2005 dello Chardonnay inizia nella terza decade di agosto ed è stata molto buona. Trasportata l’uva in cantina, dopo l’eliminazione dei raspi, la pressatura soffice e la sedimentazione statica avvengono a bassa temperatura. Nel mosto vengono inoculati lieviti selezionati da cui ha inizio la fermentazione a temperatura controllata (20°C) per un paio di settimane in barrique nuove per metà della massa e di un anno per la rimanente parte. Segue il lento affinamento sempre in legno.

L’imbottigliamento è avvenuto nel luglio successivo alla vendemmia, dopo circa 10 mesi di sosta in legno e da allora il vino ha continuato a maturare in bottiglia, da un certo punto in poi nella mia cantina, fino a pochi giorni fa. Il vino sviluppa 14° alcolici con oltre 6 g/l di acidità totale.

Vi raccontiamo ora la degustazione.

Il vino si presenta cristallino con una veste a metà strada tra l’oro e l’ambra. Il colore ci colpisce particolarmente: caldo, suadente sembra quello di alcune assolate colline della Sicilia durante le caldissime giornate d’agosto. Roteando il bicchiere, il vino forma nelle sue pareti archetti fitti e stretti con lacrime che scendono lentamente. Vino chiaramente consistente.

Al naso avvertiamo un esplosione di frutta esotica e in confettura. Ananas, melone, datteri, marmellata di pesche. Poi miele d’acacia e ancora sentori speziati di noce moscata. La bocca è suadente, con un perfetto equilibrio tra alcol e freschezza tuttora ben presente. Il vino è nel pieno della sua maturità, in grado di esprimere completamente la propria superba classe. Lungo il finale minerale, con note di mandorle tostate nel retrolfatto.

Bisognerebbe averne sempre due di bottiglie di questo tipo. Chissà come sarebbe la gemella stappandola tra altri cinque anni. Noi quella che avevamo, l’abbiamo comunque apprezzata in abbinamento ad un piatto di farfallette al salmone, condito con una spruzzata di limone e abbondante prezzemolo.