Il calice di questo Etna è puro, non spocchioso, privo di sovrastrutture, schietto, diretto, a tratti scomposto come il modo di muoversi e di gesticolare di Davide ma sempre col sorriso tra le labbra, non è una bevuta modaiola o che vezzeggia la Bourgogne, non è nulla di già visto...

Rubino scarico, perfettamente trasparente, nessuna lucentezza strana, ma quei riverberi di lava spenta, il primo naso è ancora vinoso, a tratti restio a scoprirsi, qualche colpo di calice che ossigena il liquido e diventa subito tridimensionale: catrame, cenere, cannella, alloro e un maledetto balsamico che stordisce, poi quella lenta e inesorabile "evoluzione indietro", un ossimoro, verso quelle tipiche note fruttate del vitigno: cassis, viole selvatiche, ribes nero e ancora quel mentolato di nepitella.

Al palato, 6 mesi fa era decisamente scontroso ma per questo di un fascino straordinario, oggi è un estasi berlo: secco, asciutto, dissetante, dal tannino vellutato e setoso ma non ancora domo, direi elegantissimo nella sua naturalità espressiva, ha tutta la freschezza montana delle vigne a 700 mslm e quella chiusura minerale che rende perfetto il cerchio, gli sbuffi alcolici sono delicati e carezzevoli a rendere più lunga ancora la persistenza degustativa.

Scorre veloce, anzi velocissimo nel cavo orale, ma resta a lungo sulle papille gustative grazie alla sua terrigna veracità e a quei ritorni retro-olfattivi di grande piacevolezza, un vino da pasto, da bere appena fresco di cantina a 16°, da goderne con persone fidate, con compagni seri, con gli amici di sempre...